Nadia è una bambina di nove anni abituata fin dalla tenera età al silenzio di sua mamma, alle sue continue non risposte, alle sue imposizioni. E questo perché si sa. A nove anni non puoi decidere nulla. Rosa l’amava in un modo particolare quindi attraverso la continua preoccupazione per il suo futuro, per la scuola, per l’università. Il contraltare di un rapporto madre-figlia così difficile trova le radici negli sbiaditi ricordi che Nadia conserva di suo padre. Dopo Natale, Rosa decide di portarla dallo zio Tone, in una baita confinata in un remotissimo luogo di montagna, in cui le è consentito di portare un registro in cui la bambina trascrivere le caratteristiche degli animali, unici amici in grado di darle pace.
C’è la neve, ci sono gli alberi. Nadia impara a contarne i cerchi concentrici per definirne l’età; scopre che quelli che hanno i cerchi molto vicini tra loro sono i più belli in superficie, ma i più disastrati all’interno: hanno dovuto lottare per crescere giacché nella posizione in cui avevano le radici non c’era abbastanza sole a nutrirli. Per questo il tronco era duro, aveva meno acqua e non presentava punti molli in cui avrebbe potuto spezzarsi. Nadia aveva capito che Rosa era un abete resistente a tutti gli inverni che la vita le aveva preparato.
La vita in montagna era quasi bellissima anche se a volte il vento della notte le faceva paura, ma tra le cose che Nadia adorava sentire c’erano sicuramente le leggende narrate dallo zio Tone, come quella sulla lepre nera: una magica creatura che porta il cambio di stagione sulla terra correndo intorno alla montagna ogni solstizio. Le sorti di questo romanzo quasi fiabesco vengono presto sovvertite dalla verità di Rosa; una verità che ha a che fare con l’amore malato e violento, con dei fardelli così pesanti da portare che sembrerebbero in grado di gelare tutti i cuori del mondo.
L’esordio di Angela Tognolini è pazzesco perché in tutte queste crepe riesce ad entrare la luce, proprio in montagna, tra il freddo tagliente, gli strani animali che la abitano, le loro piume o zanne, i loro canti che in qualche modo danno conforto. È un libro che dà speranza e mostra come bisogna solo imparare dalla Lepre Nera, che proprio nel momento più buio dell’inverno, annusa l’aria e si mette a correre, verso la primavera.
Rita, Libraia Giunti al punto Catanzaro