“Pochi pensatori possono vantare un’influenza pari a quella che John Locke esercitò
sui contemporanei. Quando il suo capolavoro,
il Saggio sull’intelletto umano, cominciò
a diffondersi, le menti più geniali ne rimasero
affascinate. Nacque praticamente di qui
il movimento che caratterizzò il Settecento,
l’Illuminismo, con le stelle del suo firmamento
filosofico: Voltaire, Condillac, D’Alembert.
Che non si limitarono a leggerlo con entusiasmo,
stimolati dall’inaudita novità, ma lo adottarono
come un presupposto teorico. Divenne il libro
dell’epoca, una sorta di prêt à porter.
Oltre che per il rifiuto della concezione
cartesiana della ragione come presunto lume
infallibile, e per la concomitante proposta
di una ragione dipendente dai sensi, agli occhi
dei francesi Locke incarnò un modello anche
per altre sue qualità: la chiarezza della scrittura,
la concretezza dei concetti, la passione
per la ricerca, l’attenzione al lettore.
La grande novità introdotta dal Saggio fu
in sostanza un clamoroso cambio di prospettiva:
si abbandonava il punto di vista dell’uomo
di scienza per indossare i panni dell’uomo
della strada. Ciò non sempre comporta
un progresso del pensiero. Tuttavia questo
atteggiamento era coerente con la natura
occasionale della trattazione di Locke, il quale
aveva esordito come medico e solo successivamente
era passato alla filosofia.
Lo scienziato, pensava, compia pure le sue
ricerche teoriche, purché non si allontani
dalla concretezza del quotidiano; dev’essere
pronto a rinunziare all’astrazione quando
non convinca il profano.
Era questo l’atteggiamento del filosofo inglese.
Potremmo dirlo il primo pensatore pop
della storia.”
Dall’Introduzione di Pietro Emanuele
Testo inglese a fronte