La delusa, la snob, l’eterna bambina,
l’ex bellissima. Ma anche Maria Callas, Anna
Magnani, Ava Gardner. La fioraia della Scala
e la regina Elisabetta; le pareti nere dell’inventata
(ma quasi vera) contessa di Belminy e la
vestaglietta rosa di Licia Pinelli la notte in cui
rimase vedova. Le donne di Camilla Cederna sono
tante che bastano da sole a raccontare un’epoca.
E in questa raccolta di articoli pubblicati tra
il 1939 e il 1991 emerge anche il ritratto di una
cronista al lavoro, che svela trucchi del mestiere
ancora attuali: quasi un manuale di scrittura
di costume. Sono gli anni in cui nelle redazioni
ci sono solo bagni maschili; e in cui i colleghi
scrivono di lei che è una “merlettaia”, una “zitella”,
e che difende gli anarchici perché “perlomeno
odorano d’uomo”. Ma sono anche gli anni in cui
solo le giornaliste – come la Cederna così la
Fallaci, la Mulassano, la Aspesi, tutte con l’articolo
davanti al cognome come una tassa o la cifra
di una carboneria – si accorgono della rivoluzione
più radicale tra quelle in atto: quella, appunto,
delle donne. E nel racconto degli amori, delle
frustrazioni, dei vezzi e delle nevrosi delle signore
che diventano “moderne” si vedono i germogli
dei nostri vezzi, delle nostre frustrazioni, delle
nostre nevrosi. E naturalmente dei nostri amori.