“Non è un’opera, non è un film, non è un
romanzo; somiglia più propriamente a un quadro
o a un racconto breve. È un’annotazione,
la fotografia di uno stato d’animo, un’urgenza
descrittiva che ti pulsa dentro e non puoi fare
a meno di liberare. È la forma canzone”:
Roberto Vecchioni parte da qui, dal “pezzo
chiuso” che fin dai tempi antichi si chiama
canzone e ha raccolto in sé le emozioni intime
e i racconti corali dell’umanità. E poi allarga
lo sguardo, percorre la lunga strada che
la canzone ha compiuto nei secoli, fino
ad arrivare al Novecento, al cabaret, al Club
Tenco, alle “canzoni d’urgenza” scritte per altri,
allo “sgattaiolare tra i sentimenti comuni” che
tante canzonette portano dentro di sé ma anche
al fuoco dell’ispirazione che è fatica, ossessione,
amorosa dedizione.
Questo libro racchiude la densissima riflessione
di Roberto Vecchioni sulla canzone e sul suo
inestricabile intrecciarsi con la vita, e al tempo
stesso è una preziosa autoantologia dei testi
più significativi di cinquant’anni di musica.
Ad accompagnare la voce di Vecchioni ci sono
Massimo Germini – suo storico chitarrista –
e Paolo Jachia, docente di Semiotica a Pavia
dove Vecchioni ha tenuto alcuni cicli di lezioni.
Dentro i miti, gli inganni, gli amori di canzoni
che abbiamo ascoltato con emozione impariamo
a scorgere la poetica musicale e letteraria,
il lavoro nell’ombra del poeta che anche quando
il buio si fa fitto non rinuncia a trovare
parole per cantare.