Ogni uomo, per quanto insignificante, dovrebbe
lasciare qualche cronaca del tempo trascorso
su questa terra. Le parole di Stendhal echeggiano
nella mente dell’uomo di mezza età che fa una
sosta pensosa in chiesa prima di avviarsi all’incontro
con il cugino, Lucio Piccolo, al Caffè Mazzara,
luogo consueto di conversazioni appassionate
sulla letteratura. Siamo a Palermo, una mattina
di gennaio del 1955, e l’uomo di mezza età, a cui
è appena stata diagnosticata una malattia senza
ritorno, è Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
Una vita di studi e scritture, e non ha creato nulla.
Non ancora. Parte da qui, da questo nodo di slanci
e frustrazioni, il racconto intimo e dolente degli
ultimi anni di un grande scrittore dediti alla stesura
sempre più urgente di un solo capolavoro,
Il Gattopardo, punteggiati da infruttuosi tentativi
di pubblicazione e rasserenati dagli affetti - l’adorata
moglie Licy, il cugino Gioacchino - prima della
resa di fronte all’ineluttabile. Grazie
a un abile gioco di specchi, indagando con eleganza
nel cuore di un uomo affascinante quanto
la sua opera, Steven Price riporta in vita l’ultimo
principe di Lampedusa, che da scrittore diventa
personaggio letterario, nella cornice siciliana
del secondo dopoguerra.