“VEDO IL SOLE”, scrisse Eleonora Duse nel primo
biglietto per Gabriele d’Annunzio, e parlava di lui,
che definirà il loro incontro “un incantesimo solare”.
Senza saperlo, ma forse lui sì, il loro amore
inaugurò il divismo moderno e alimentò le cronache
mondane per anni. I detrattori hanno sostenuto
che non fu un vero amore. La questione è più
complessa. Il loro, semmai, fu un incontro
di reciproco interesse. Il connubio artistico con
la più celebrata attrice del tempo avrebbe permesso
a Gabriele di avvicinare il pubblico ai suoi miti
e alla sua poesia. A lei premeva rinnovare
il suo repertorio e legare la propria arte a testi che
fossero “suoi” e soltanto suoi. E per di più cadde
fulminata dal grande seduttore che, pur amandola,
finì per stancarsene, come sempre. Fu un grande
amore? Sì, e questo libro – che ho visto crescere
insieme agli studi di Franca Minnucci negli Archivi
del Vittoriale degli Italiani – lo racconta con le stesse
parole della grande attrice. Quasi tutte le lettere
di lui sono andate distrutte, ma se ne salva una
del 17 luglio 1904, poco dopo la fine della loro storia,
che le riassume tutte: “Il bisogno imperioso
della vita violenta – della vita carnale, del piacere,
del pericolo fisico, dell’allegrezza – mi hanno tratto
lontano. E tu – che talvolta ti sei commossa fino
alle lacrime dinanzi a un mio movimento istintivo
come ti commuovi dinanzi alla fame di un animale
o dinanzi allo sforzo d’una pianta per superare
un muro triste – tu puoi farmi onta di questo bisogno?”
La risposta gli giunse pochi giorni dopo: “Non
parlarmi dell’impero della ragione, della tua ‘vita
carnale’, della tua sete di ‘vita gioiosa’. – Son sazia
di queste parole! – Da anni ti ascolto dirle.
Non ti posso seguire interamente, né interamente
comprendere [...] Quale amore potrai tu trovare,
degno e profondo, che vive solo di gaudio?”
Giordano Bruno Guerri
Presidente del Vittoriale degli Italiani