A Erto, il paese delle Dolomiti friulane segnato
dalla tragedia del Vajont e amato dai climber
per le sue magnifiche falesie, c’è una via di roccia
che si chiama “Mari’s Bad Rock Day”: è dedicata
a Marianna Corona, in ricordo del giorno
in cui lei proprio su quella parete si bloccò,
senza riuscire più a salire né a scendere.
Ma Marianna ancora non sapeva che quella
era solo una sorta di prova generale, in vista
del passaggio ben più duro che la vita le avrebbe
riservato nel 2017: la malattia, di fronte alla
quale non c’è allenamento o tecnica che venga
in soccorso, ma bisogna cercare dentro di sé le
risorse per farcela.
Sì, perché la vita ha molto in comune con la
montagna: è bellissima ma anche piena di rischi,
ci chiede l’umiltà di mettere un passo
dopo l’altro, di cercare gli appigli giusti, e soprattutto
ci costringe a conoscere noi stessi, a
dosare il respiro di fronte alle salite, a trovare
un equilibrio prima di godere del panorama…
In questo libro, che unisce una toccante testimonianza
narrativa a una originalissima rivisitazione
dei fondamenti della pratica yogica,
una giovane donna coraggiosa ci racconta la
sua infanzia in una famiglia molto speciale,
l’incanto e la durezza del crescere tra le montagne,
l’avvicinamento allo yoga e il suo grande
respiro, la malattia come momento doloroso
ma al tempo stesso capace di rivelare cosa
conta davvero. Come osserva Mauro Corona,
che di queste pagine è al tempo stesso lettore
e protagonista, “sotto le foglie di una scrittura
ironica
si percepisce l’alito fresco della malinconia,
humus positivo che nutre la speranza.
[…] Quando il mondo ci crolla addosso e tutto
sembra perduto, esce la speranza nascosta in
ciò che vedevamo ma non conoscevamo. Per
fiorire tra le rocce serve quel tipo di humus”.