Mamme fragili che rischiano di sbriciolarsi,
nonne arrabbiate e urlanti, adulti distratti o troppo
accalorati che criticano, giudicano, sentenziano.
Una bambina con una coda di sirena che stupisce
la spiaggia per le ragioni sbagliate; una bambina
che non parla e che i grandi cercano di estrarre
dal suo silenzio ricattandola con mille tentazioni;
un bambino che pesca nel lago, aspettando con
pazienza di catturare il pesce più bello di tutti, che
forse pesce non è; un bambino agitato dall’arrivo
di un fratellino nella nuova famiglia del padre
e poi capace di comporre una nuova serenità, se
solo fosse vero; un bambino che si ostina a voler
trovare rifugio in cima a un armadio, in ricordo
di una traversata in cui qualcuno l’ha issato in alto
perché la calca degli adulti compressi dentro
la stiva non lo schiacciasse. I bambini di Silvia
Vecchini sono così: rischiano di rompersi, forse
si sono già rotti, ma qualche volta sono così forti
e precisi da saper aggiustare i grandi in pericolo,
e da aggiustarsi da soli. Con la precisione
della prosa e lo slancio della poesia, che aveva
già mescolato in Prima che sia notte, l’autrice
racconta bambini veri alle prese con situazioni
più grandi di loro. Qualche volta ne escono
incrinati, però vinti mai.