“Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso
modo. Quelli che di notte sognano nei polverosi
angoli della propria mente scoprono, di giorno,
che era solo vanità; ma quelli che sognano
di giorno sono uomini pericolosi, perché può
darsi che recitino il loro sogno a occhi aperti,
per attuarlo. Questo io feci. Intendevo creare
una nazione nuova, ristabilire un’influenza
perduta, dare a venti milioni di semiti
le fondamenta sulle quali costruire un ispirato
palazzo di sogni per il loro pensiero nazionale.
[...] Ma, quando vincemmo, mi si accusò di aver
messo in pericolo i profitti britannici sul petrolio
della Mesopotamia e di aver guastato la politica
coloniale francese nel Levante.”
Sono le parole dello stesso T.E. Lawrence,
che in due anni, dal 1916 al 1918, riuscì
a organizzare un esercito arabo sotto il comando
dell’emiro Feisal e a portarlo vittorioso fino
a Damasco. Per il governo britannico, però,
la guerra serviva solo a distruggere l’Impero
ottomano e a consolidare la propria posizione
nel Medio Oriente. Alla fine della guerra
Lawrence raccontò gli avvenimenti di quegli
anni in un libro che è molto di più che
un semplice resoconto di guerra. I sette pilastri
della saggezza è ormai un classico della letteratura
novecentesca: un racconto epico, ricco di poesia
e avventura, un libro sapienziale, un ritratto
dell’Arabia, della sua gente e dei suoi misteri
e il diario intimo di colui che è stato forse
l’ultimo eroe romantico e che col mitico nome di
Lawrence d’Arabia è entrato nella leggenda.
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