Misurare la sostenibilità è arduo, forse impossibile,
ma è utile dotarsi di strumenti intuitivi,
che ci consentano di poter effettuare le
nostre scelte. Diventa poi necessario nel mondo
occidentale, dove pare che il tempo per riflettere
sulle nostre minute azioni quotidiane sia inesistente,
e dove gli acquisti vengono fatti di fretta
e quasi esclusivamente in luoghi che accorpano
diverse classi merceologiche. Le possibilità e
le informazioni di cui possiamo armarci oggi
hanno profonde lacune, e celano la complessità
insita nelle produzioni stesse, pensiamo a Km0,
km vero, Km libero, e via discorrendo.
Avere la possibilità di esaminare i costi effettivi
dei nostri acquisti ma anche delle nostre
azioni, può aiutarci ad effettuare scelte migliori.
Se non bastasse, l’attuale crisi legata al Covid ha
acuito questa necessità. La revisione delle priorità
ha reso ancora più importante avere strumenti
chiari per non perdere l’occasione di ri-partire
e migliorare.
QUESTA È LA TESI:
è possibile capire se e quanto un prodotto sia
“buono, pulito e giusto”? Possiamo armarci di
uno strumento che consenta di chiarire pragmaticamente
i dubbi su ciò che acquistiamo?
Di fatto il chilometro consapevole si propone di
diventare uno strumento semplice e intuitivo
in primis, con spazio per schede di approfondimento,
utilizzabile da tutta la filiera. L’intento
è quello di creare un legame tra produttori, trasformatori,
venditori, e non ultimo il pubblico
acquirente, ovvero coloro che Petrini definisce
giustamente co-produttori. Sono necessari elementi
pratici e di buon senso, e la possibilità di
approfondire con metodo scientifico, ad esempio
attraverso studi di LCA, ovvero basati sul
ciclo di vita e sulla relativa impronta ambientale.