Dalle finestre di una pensione sul lago Albano,
Alfredo Braschi guarda l’acqua che colma
l’antico cratere vulcanico e stringe una Beretta
calibro 6,35 che, insieme alla pistola con cui
i suoi antenati ammazzavano i tori, è tutto ciò
che gli rimane. Alfredo ha conosciuto
la dolcezza di un amore assoluto, l’amicizia,
il tradimento, e ora non ha più nulla se non
il coraggio per uccidere o morire.
A sua volta “sull’orlo di un cratere” popolato
di tutte le giovinezze vissute, Aurelio Picca
compie in questo romanzo un’operazione
letteraria coraggiosa quanto il suo protagonista:
lascia emergere dal passato la figura
di Laudovino De Sanctis, ferocissimo criminale
romano, e la sceglie come specchio attraverso
cui condurre la narrazione
ai suoi esiti più estremi. Con sette omicidi,
quattro sequestri di persona, undici condanne
definitive, due rocambolesche fughe dal carcere,
Laudovino detto Lallo Lo Zoppo ha fatto
tremare Roma fin dagli anni sessanta, ma
nessuno finora aveva raccontato la sua storia.
Nemmeno ventenne, Alfredo Braschi incontra
Laudovino, ne rimane folgorato, è testimone
del fascino e dell’orrore. Ma adesso che è solo,
circondato dalle ombre, ricordare la fatale
amicizia con Lallo è per Alfredo un modo
per fare i conti con se stesso, senza pretendere
sconti. In testa ha una sola traccia: la Ninnananna
che sua figlia Monique cantava da bambina.
Monique, come la figlia di Lallo. Monique, che
ha subìto una violenza da vendicare...
Con una scrittura capace di addentrarsi
nel buio del male grazie all’innocenza radicale
da cui scaturisce, Aurelio Picca fa risuonare
le parole dei carnefici e il pianto delle vittime
in un profondo silenzio, e scrive un romanzo
doloroso e ardente.