Caterina è una ragazza selvaggia, nata libera, come
il vento. Corre a cavallo sugli altopiani del Caucaso,
ascolta le voci degli alberi, degli animali, degli dèi e
degli eroi. Il suo è un popolo al di fuori del tempo; la
sua lingua, la più antica e incomprensibile del mondo.
Poi, un giorno, improvvisamente, viene trascinata
con violenza nella Storia. Catturata alla Tana,
l’ultima colonia veneziana alla foce del Don, inizia
un viaggio incredibile per il Mar Nero e il Mediterraneo.
Vede le cupole d’oro di Costantinopoli alla
vigilia della conquista turca, vede Venezia sorgere
dalle acque come in un sogno, e infine Firenze nello
splendore del Rinascimento.
Ma non è un viaggio di piacere. Caterina è una
schiava, una cosa. La sua esistenza si intreccia ora
con quella di pirati, soldati, prostitute, altre schiave
come lei, avventurieri e mercanti, uomini e donne
che l’hanno comprata, rivenduta, affittata. La sua
storia è grande e liquida e mobile come il mare che
lei ha attraversato. La storia di una ragazza a cui
qualcuno ha rubato tutto, il corpo, i sogni, il futuro,
ma lei è stata più forte, da sola ha percorso le strade
del mondo senza avere paura, ha sofferto, ha lottato,
ha amato, ha riconquistato la sua libertà, e la dignità
di essere umano.
Uno dei figli che ha messo al mondo quando era
ancora schiava, Caterina l’ha amato più della sua
vita. E sa che lui l’ha amata allo stesso modo, anche
se non ha mai potuto dirglielo, non ha mai potuto
chiamarla mamma, e lei doveva fingere che non fosse
suo figlio. La sua felicità è stata dargli tutto quello
che aveva: il suo infinito amore per la vita, per le
creature e per la libertà. Il nome di quel bambino, lo
conosciamo tutti. Era Leonardo.
Anche a noi Caterina dona gioia e libertà, ma ci
chiede molto in cambio. Svegliarci, come da un lungo
sonno senza sogni. Aprire gli occhi. Capire che
la sua non è la storia di un passato lontano e favoloso.
È la storia di oggi: di una straniera al gradino
più basso della scala sociale e umana, di una donna
scesa da un barcone e venuta da chissà dove, senza
voce né dignità. Per questo bisogna raccontarla. Per
Caterina. Per le sue sorelle che muoiono nel mare
che lei ha varcato, e che soffrono intorno a noi.