Gli amori e i matrimoni di un’elegante e furba
signora, ideatrice di una Clinica del Vento per
fare cassa, s’intrecciano in un vortice narrativo,
incurante degli sbalzi temporali, con gli anni
francesi di Gioachino Rossini e la scoperta
di una sua lettera a un’amante molesta.
Tutto accade o viene evocato a Parigi,
a un passo dai Giardini del Lussemburgo, dove
l’autorevole proprietaria di una crêperie è
depositaria dei pettegolezzi e delle memorie
storiche del quartiere, un tempo dominio
dei Tre Moschettieri, oggi frequentato
da un aspirante scrittore, un portinaio
impiccione, una deliziosa storica dell’arte
dai capelli ramati e un perdigiorno convinto
che le anime dei defunti finiscano di morire
dentro i vivi. Pagina dopo pagina prende così
forma un’ironica trama gialla, alla quale
contribuiscono il furto di una spada che pare
sia quella di Athos, un tappeto che nei disegni
forse nasconde la mappa di un tesoro,
il ritratto di una misteriosa viaggiatrice al quale
chissà perché è stata tagliata la firma
del pittore e un paio di delitti risolti
da un invisibile commissario fumatore di pipa.
Ogni elemento, ogni personaggio trova la sua
ragion d’essere nel piacere di raccontare
a ruota libera, di seminare ammiccamenti
al solo scopo d’invitare al sorriso
sulla commedia umana.