Milton, West Virginia. L’avvocato Razziddu
Buscemi, giunto alla fine dei suoi giorni, ricorda
la propria infanzia vissuta nel profondo sud
della Sicilia, a Butera. Nel disfacimento
dei ricordi, mischiati a suggestioni metafisiche,
la sua voce evoca un’infanzia visionaria, segnata
da esorcismi e magie, e narra un’evoluzione
violenta e dolorosa verso la maturità.
Al cuore di tutto, il combattimento metafisico
con una statua della Passione trasportata
dai fedeli durante la Settimana Santa: il Signore
dei Puci, una sorta di Cristo incatenato, forgia
per sempre il suo spirito. Ma Razziddu non è
solo, intorno a lui si muovono personaggi potenti
come Nitto Petralia, il guardiano del faro
di Licata, suo padre putativo, e Rosa Martorana,
forse unica figura salvifica.
Orazio Labbate racconta di aver concepito
l’intuizione originaria di questo romanzo
nel cuore della notte, al centro di una strada
provinciale che taglia l’isola come la Route 66:
“sovvertire l’immagine radiosa di una Sicilia
zuccherina, meramente folclorica o vulcanica”
attraverso la potente “qualità onomatopeica”
di una lingua che attinge al dialetto. Lo Scuru,
pubblicato dieci anni fa come esordio narrativo,
si candida così a fondare il genere narrativo
del gotico siciliano, che attinge al southern
gothic di Faulkner e McCarthy quanto alla prosa
di Bufalino e D’Arrigo, contaminati dal cinema
americano di Robert Eggers. Un’opera di potente
vitalità immaginifica, destinata ad arrivare presto
anche nei cinema e a declinarsi nella narrazione
interattiva di un videogioco