«Che aspetto avrà avuto un mio probabile (o
improbabile) antenato, quel Guccino da Montagu’
che, secondo un documento del Cinquecento,
è chiamato come testimone in un processo
riguardante dei possedimenti fondiari?
“Non so che viso avesse…”, è il caso di dirlo»:
come sempre, per raccontare di sé Francesco
Guccini parte dalle radici.
La famiglia di mugnai che per secoli fatica e
lotta in una valle tra gli Appennini, il padre
che per primo fa un mestiere diverso, e poi lui,
il giovane Francesco, che presto impara a giocare
con le parole – come cronista alla «Gazzetta
dell’Emilia», come insegnante di lingua
italiana, poi come autore di testi in versi e
in prosa – e con la musica. E poi le osterie, le
grandi amicizie, i viaggi tra la via Emilia e il
West, la passione civile e quella amorosa, la
chitarra, la scrittura, i compagni di strada ormai
partiti «per più verdi pascoli»: in questo
libro corre veloce il racconto di una vita che ha
accompagnato le nostre con il timbro della sua
voce inconfondibile.
E se – come suggerisce Guccini stesso in aper-
tura – scrivere una autobiografia è forse impossibile,
queste pagine ci consegnano comunque
il senso di una vita intera animata dalla fiducia
nel “canto” (nelle sue molteplici accezioni)
come strumento di conoscenza e di resistenza.