Janet è distesa ai piedi di una grandiosa scalinata
di pietra, sotto una vetrata che raffigura un
drammatico cacatua bianco. Indossa un abito
di pizzo nero di sua madre. È morta. Aveva
sedici anni. È la fine della sua storia e l’inizio
di un romanzo stupefacente per ferocia, lucidità
e pura poesia. Torniamo indietro nel tempo e
vediamo Janet crescere in una bizzarra famiglia
scozzese, prima in una canonica poi in un
castello, con una madre svagata, un padre
sarcastico e distante, un fratello e tre sorelle
che hanno tutti qualcosa in più di lei. Amata
dai nonni finché sono al mondo, non capita
dai genitori, sempre ignorata o dileggiata (ha
due difetti fondamentali: non è un maschio
e non è bella), Janet possiede un’intelligenza
feroce e trova consolazione nella natura e nei
libri. Scoprire la sua storia è crescere, soffrire,
esaltarsi insieme a lei: la vediamo passare
da un’infanzia strana, forse quasi felice, a
un’adolescenza di torture e goffaggini, amare
il latino e detestare le incomprensibili compagne
di collegio, cercare un legame improbabile con
la spettrale cugina Lila, innamorarsi, illudersi.
E correre verso la fine, inevitabile e terribile,
amando con indomita passione la sua amica
gazza, i classici, le colline e la valle che sono
il confine del suo mondo. Una storia breve e
lancinante, che strappa sorrisi e fa male al cuore.