Alberto Capatti – tra i più noti e autorevoli storici
della gastronomia a livello internazionale
– sembra aver attinto dal negozio di un antiquario
che tratta oggetti antichi e di modernariato,
una moderna “stanza delle meraviglie”
gastronomiche. Il gioco del cibo dimenticato o
ricordato è all’origine del libro, ma ci si spinge
più in là, e meglio, di alcune analoghe operazioni
già edite. Il libro è basato su 50 schede-
racconto illustrate, che riguardano cibi
e ricette per la maggior parte visti sui ricettari
e nei menu del Novecento e poi (apparentemente?)
scomparsi. Quasi un giallo, un
mistero, un elenco di freaks, stranezze, della
nonna o di qualche ristoratore modaiolo. Ma
poi neanche tanto strani a bene vedere… Il
loro nome attira l’attenzione, perché misterioso
come per i bighelloni, broccioli e brustulli,
o perché esagerato e fantasioso come le uova
di pavoncella, suggerite per una cena galante
in un ricettario afrodisiaco del 1910. Le fonti
sono le più varie: i brustulli, per esempio, vengono
dal Dizionario delle cose perdute di Francesco
Guccini, e si avvalgono dei suoi ricordi.
Le schede si susseguono in ordine alfabetico,
dalle allodole in salmì alle pennette alla
vodka, fino a uno yogurt usato insolitamente
(Ilaria Rattazzi nel 1981: «Vi siete presi una
sbronza, mangiate dello yogurt»). Cibi oggi
imprevedibili, dalle varianti infinite, capaci
di rispondere a un bisogno passato, con
ingredienti non usuali e con nomi bizzarramente
seducenti. La sogliola al ferro da stiro
è, da questo punto di vista, una sfida e nello
stesso tempo un enigma.
Ma la cucina dimenticata delle nonne con
ricettari di grande fortuna editoriale oggi
ha innescato un meccanismo che può fare
di un ingrediente perduto un ingrediente
di successo. Chissà, qualcuno lo vorrà riproporre,
perché in fondo questo atlante stuzzica
l’interesse, fa venire voglia di cucinare (nel
volume sono presenti tutte le ricette) e riassaggiare
questi piatti della memoria. Anche le
pennette alla vodka? Perché no, del resto sono
le più facili…