Emilia, 1949. La guerra è finita, anche Francesco
ha finito le elementari e la mamma decide
di portarlo in visita agli zii di pianura,
che lui quasi non conosce avendo trascorso i
suoi primi anni in montagna. Lungo una linea
ferroviaria che conduce a luoghi misteriosi e
affascinanti – la “Modena-Suzzara-Mantova”
– madre e figlio giungono in una piccola città
ornata da una piazza dai lunghi portici e addirittura
da un castello. Qui Francesco, abituato
alle scorribande sul fiume e nei boschi, scopre
con sbigottimento che invece i suoi parenti
abitano in un condominio dotato di moderne
comodità ma anche di insospettabili insidie.
Come quella incarnata dai dirimpettai comunisti,
guardati con sospetto dallo zio Camillo,
che milita per la Democrazia Cristiana di Alcide
De Gasperi, reduce dalla grande vittoria alle
prime elezioni libere del 18 e 19 aprile 1948.
La vita di città è poco interessante, gli adulti
sembrano intenti solo a lavorare, andare
a messa e parlare di politica, fino a che non
accadono due cose: al piano terra arriva una
nuova famiglia che pare non abbia rinnegato il
proprio passato fascista. E, esplorando le soffitte,
Francesco sorprende due inquilini intenti
in un’attività sovversiva… In questa novella destinata a diventare un cult
Francesco Guccini ci regala un racconto che
racchiude tutti i temi a lui più cari – la vita di
provincia come specchio autentico di chi siamo,
il passato perduto con le sue durezze rese
dolci dalla memoria, la limpidezza con cui nel
Novecento abbiamo amato, lottato, creduto in
un tempo migliore – e li illumina con il suo inconfondibile
humour ma al tempo stesso con
un sentimento inatteso, lieto e capace di vincere il tempo: l’amore.