La notte del 17 giugno 1972, a Washington, la polizia sorprese
cinque uomini entrati abusivamente nel quartier generale del
Comitato nazionale democratico, in un edificio che ospitava
il Watergate Hotel. Si era in piena campagna elettorale, e quello
fu l’inizio di una storia appassionante che tenne per due anni
tutto il mondo col fiato sospeso, fino alle dimissioni del presidente
Nixon. Lo scandalo Watergate dimostrò che la “parte sana” del
paese poteva anche arrivare a sbarazzarsi della più alta carica
del governo, se corrotta e accecata dal potere. Quella vicenda si
sedimentò nella coscienza di Kurt Vonnegut e pochi anni dopo
gli offrì lo spunto per questo romanzo. Anche qui c’è uno scandalo
e un piccolo “uomo senza qualità”, entrato nei ranghi della
burocrazia con l’unica ambizione di essere un ingranaggio della
macchina dello stato, che ne viene travolto nonostante sia (o forse
perché è) l’ultima ruota del carro. Walter F. Starbuck, scontata la
pena, lascerà il carcere per iniziare una nuova vita che lo porterà
ai vertici del capitalismo americano. Un’amara e beffarda parodia
del sogno americano nello stile inconfondibile di Vonnegut.