La Seconda guerra mondiale volge al termine
e in Italia i tedeschi sono in ritirata per l’avanzare
degli Alleati. In un paese dell’Appennino
Tosco-emiliano, durante una notte gelida e nevosa,
una Schwimmwagen percorre a fari spenti
una stradina nel bosco. A bordo un ufficiale nazista
e un milite repubblichino devono portare
a termine una missione di vitale importanza:
mettere al sicuro quattro cassette di documenti
che per nessun motivo devono cadere in mano
al nemico.
Purtroppo per loro qualcosa va storto: da lontano
riecheggiano raffiche di mitra e lo scoppio di
due bombe a mano e dei due non vi è più traccia
fino a quando, il mattino successivo, una donna
in cerca di legna trova un cadavere in riva al
fosso della Guelfa, un torrente che la credenza
popolare vuole abitato da uno spirito maligno,
la Borda. In effetti, il corpo rinvenuto è privo di
occhi, naso e labbra, come fossero stati strappati
con violenza da una belva.
Siamo agli inizi degli anni Sessanta e il maresciallo
campano Benedetto Santovito fa ritorno al
paesino appenninico, dove da tempo avvengono
morti misteriose: un ragazzo ucciso dall’esplosione
di una mina, residuato bellico dell’ultima
guerra, e un altro affogato in un corso d’acqua.
La paura si diffonde fra la gente e riemergono le
antiche superstizioni legate alla Borda, soprattutto
perché entrambi i cadaveri vengono trovati
con il volto orrendamente dilaniato.
Santovito non vorrebbe farsi coinvolgere dalle
indagini, ma quando si imbatte in una professoressa
molto carina e in un vecchio amico che
risveglia in lui certi ricordi, e il Romitto del Castagno,
uno strano custode che vive tra le rovine
dell’Abbazia, scompare misteriosamente, il maresciallo
decide di mettersi di nuovo in gioco.
Tra suggestioni autobiografiche e ricordi legati
alle comuni radici tosco-emiliane dei due
autori prende vita un giallo avvincente, un
romanzo che mescola thriller e tradizioni popolari
in un amalgama di assoluta originalità.