Seymour ha quindici anni e ama definirsi un
adolescente disturbato. Niente social, non bullizza
e non è bullizzato, non ha una squadra da tifare
e neppure una ragazza da fotografare. In breve,
non esegue nessuna delle figure di danza previste
per la sua età. La sua attività principale è spiare
l’agitarsi del mondo adulto attorno a lui. La sua
passione unica è scrivere, per la precisione scrivere
un capolavoro, possibilmente senza diventare uno
scrittore come l’ingombrante padre settantenne,
Giovanni Sartoris, “vanitoso, egocentrico e fasullo”,
autore di successo, marito seriale per un totale
di quattro figli spalmati su tre mogli. Tra
i due non c’è intesa ma neppure scontro.
Quanto alle donne della sua vita, Anna, la prima
delle ex mogli di Giovanni, è la preferita di
Seymour, anche se potrebbe essere sua nonna.
La seconda, l’americana Alison, è la madre
biologica, e Seymour non la sopporta. La terza,
un’ex tossica di trentanove anni costretta su una
sedia a rotelle, è per lui un curioso modello di
eterna adolescente. Mentre osserva i suoi adulti
di riferimento, Seymour percepisce gli scricchiolii
sinistri di un mondo che si va sgretolando, sia nel
concreto alternarsi di siccità e tempesta sia
nell’astratto degradarsi delle relazioni fra uomini e
donne e di uomini e donne con il successo, il mito
che ha soppiantato ogni altra credenza o certezza.
Quando Giovanni, il vincente per eccellenza, sarà
travolto da una tempesta di accuse infamanti,
Seymour si troverà a dover giocare una parte
da protagonista. Dovrà capire e spiegare, accusare
e perdonare. In una parola: crescere. Ma che
sapore ha l’umana avventura del diventare grandi
in questo mondo minacciato e stanco? Che cosa
si può lasciare a chi verrà dopo di noi?
Dopo una fortunata serie di romanzi dedicati al
terzo tempo, Lidia Ravera ci spiazza assumendo la
voce di un ragazzo: onesto fino alla crudeltà, feroce
come gli innocenti, capace di intuire lo spirito
del tempo e di trovare le parole giuste per evocarlo.
E come di consueto Ravera ci fa innanzitutto
sorridere, poi riflettere, e infine rabbrividire.