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Recensione "Il ministero del tempo", Kaliane Bradley
Il ministero del tempo di Kaliane Bradley è un romanzo d’amore, ma non nel senso comune dell’espressione. L’autrice cerca di catapultare il lettore in un’epoca diversa, pur descrivendo il nostro ventunesimo secolo. Ma un uomo del 1847 amerebbe questo momento storico tanto quanto noi nativi digitali?


Notizia dell’ultima ora! La macchina del tempo è reale e funzionante! Ma il governo non ha ancora reso pubblica questa notizia così sorprendente perché prima si vuole condurre uno studio pilota che aiuterà a comprendere quali potrebbero essere gli effetti collaterali del viaggio temporale, ovviamente testando al massimo le capacità della nuova invenzione. Cinque persone sono state trascinate dal passato nel ventunesimo secolo: dal 1847, dal 1665, dal 1916, dal 1645 e dal 1793. Nessuno di loro conosce Netflix o lo sciacquone, e  per uno di loro il secondo la cosa risulterà molto sconvolgente tanto da arrivare a smontarlo per capirne il funzionamento. Loro sono gli expat, mentre le persone che li affiancheranno nel periodo di adattamento alla nuova epoca prendono il nome di ponti.


Ogni ponte, sotto ordine del governo, dovrà trascorrere un lungo periodo di tempo con l’expat assegnato e dovrà spiegargli in maniera semplice praticamente ogni cosa: l’elettricità, il ruolo della donna molto differente rispetto al passato, il concetto di razzismo, Spotify, la letteratura moderna e i telefoni cellulari.
Un romantasy con una punta di fantascienza che spesso si lascia andare a battute di un’altra epoca, che non conoscono ancora la definizione di cringe.


Il protagonista, Graham Gore, è un uomo tutto d’un pezzo, estirpato bruscamente dalla sua ultima battaglia nel 1847, che si troverà a vivere con il suo ponte, una donna altrettanto composta ma sfacciata, vittima di una sorte particolare che la porterà ad affrontare diversi diverbi con i piani alti. L’adattamento ad una nuova era non è così semplice; infatti, alcuni expat risentiranno dei famosi effetti collaterali dei quali il governo aveva tanto timore. Tra intrighi fra colleghi, nuove scoperte e inaspettate amicizie, Il ministero del tempo diventa una storia coinvolgente che sembra essere volta alla creazione di una vera e propria famiglia: serate al pub, riunioni davanti ad un piatto di pasta scotta, qualche drink di troppo e giornate all’insegna della scoperta del nuovo secolo.


Tra nottate trascorse con una sigaretta in mano e una chiacchera leggera, Graham imparerà a conoscere e a farsi conoscere; qualcosa in cui non era mai stato troppo bravo, neppure nel suo tempo.



Gilda, libraia Giunti al Punto Corigliano-Rossano


Kaliane Bradley
Nella Londra di un futuro prossimo, un'impiegata pubblica viene coinvolta in un misterioso progetto governativo che raccoglie "espatriati" da epoche diverse con il fine di testare i limiti del viaggio nel tempo sugli esseri umani. Il suo compito è quello di fare da "ponte", ovvero agevolare l'adattamento del soggetto che le viene affidato. Il suo espatriato è noto come "1847": si tratta di Graham Gore, un ufficiale di Marina che nel 1847 partecipò alla famosa - e sfortunata - spedizione artica guidata da sir John Franklin. I "ponti" sono istruiti a non sovraccaricare gli espatriati di troppe informazioni perché l'obiettivo principale dell'esperimento è vedere se siano in grado di adattarsi con successo a un'epoca storica diversa, e se la transizione provochi in loro un cambiamento significativo. Inizialmente disorientato, Graham Gore si trova a vivere con il suo "ponte" - una donna single abituata a cavarsela da sola -, e a confrontarsi con oggetti e concetti misteriosi quali "lavatrice", "Spotify" e il "crollo dell'Impero Britannico". Tuttavia, Gore è ricettivo e si adatta rapidamente, e, nel corso di una lunga e afosa estate, lui e la donna passano dall'imbarazzo all'amicizia a un'appassionata relazione sentimentale. Ma quando emergono le vere intenzioni del progetto che li ha uniti, i due protagonisti devono fare i conti con le loro scelte e il loro futuro.
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