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Recensione "L'arte di perdersi", Lia Piano

"L'arte di perdersi. Storia dei miei traslochi" di Lia Piano è la ricostruzione, a tratti dolorosa, a tratti esilarante della vita di una protagonista stanca, disillusa e un po' cinica. Se è vero che i capelli trattengono i ricordi, a maggior ragione lo stesso vale per le case che abbiamo abitato. Lo sa molto bene Lia Piano che nel suo romanzo fa vivere ai lettori una doppia esperienza: la ristrutturazione di una casa non può avvenire senza la rinascita di una persona.  

 

"L'unico modo di conoscere davvero una casa è farle un'improvvisata. Entrare di soppiatto, chiudersi velocemente la porta alle spalle, non darle il tempo di prepararsi, farle "Buh". Comincia proprio così "L'arte di perdersi" e fin dalle prime righe il lettore capirà che no, Piano non sta parlando soltanto di case. Tutto comincia con una raccomandata ritirata e poi dimenticata in fondo alla borsa...  

 

Le case, ma sarebbe meglio dire i ricordi che custodiscono, sono i veri protagonisti di questo romanzo. C'è stato un giorno, credo quasi per tutti, in cui si è dovuto dire addio alla casa dei nonni. Quel giorno ha segnato inevitabilmente la fine di qualcosa, l'addio vero all'infanzia e a ciò che è stato. Ma per la protagonista proprio la casa dei ricordi ha la possibilità di trasformarsi in casa del futuro. Chiudendo gli occhi sente ancora risa e schiamazzi di bambini, aprendoli invece, sogna una ristrutturazione a misura sua.  Sono questi i piani per il futuro: ristrutturazione, un anno di aspettativa dal lavoro e la volontà di rimettere ordine nella propria vita con un'ironia, a volte, decisamente feroce.  

 

Come accade spesso nella vita, tra burocrazia e intoppi di varia natura, il percorso di ristrutturazione non prosegue in maniera lineare, anzi si arresta prima ancora di cominciare. In quella lettera dimenticata nella primissima pagina c'è una dichiarazione di inagibilità. Questo blocco diventa nei fatti il vero e proprio motore della storia: attraverso le case degli altri, e con case badate bene parliamo di tutto il contenuto emotivo, il vissuto di chi le abitate, sognate e magari davvero ristrutturate, comincerà un lungo processo di guarigione. Una casa inagibile, l'arrivo della menopausa e l'assenza (temporanea) di un lavoro sembrano solo a primo impatto battute d'arresto. Ci saranno colpi di scena, legami familiari pronti a trasformarsi e tanti traslochi.  

 

Lia Piano con ironia e malinconia dà vita a una storia commovente che si snoda tra scorci di mare, ferite sul cuore e l'inevitabile importanza che assumono gli oggetti per noi. Accumulati, buttati, temuti o venerati compongono le nostre case e certamente le nostre vite. 

 

Alessandra, libreria giunti al punto Chiavari

Lia Piano
“I sogni, soprattutto se molto belli, sono poco attendibili. E i risvegli possono essere bruschi.” La protagonista di questo romanzo è una donna spiritosa, che vive intensamente e che proprio per questo ha imparato che i sogni, e tra questi l’amore, riservano tante gioie quante delusioni e che bisogna maneggiarli con cautela. Lei, per esempio, sta attraversando un momento difficile: le sembra che il suo lavoro, la sua casa, il suo stesso corpo non le somiglino più e le app di dating o i consigli del chirurgo estetico hanno l’aspetto inquietante delle illusioni. Ma il destino ha in serbo una sorpresa: l’acidissima zia Laura, che l’ha sempre cordialmente detestata, decide di lasciarle in eredità una grande casa appollaiata su un terrazzamento ligure che digrada verso il mare, e anche il denaro per ristrutturarla. Sembra un sogno, ma non lo è: e riserva nuovi colpi di scena. Inizia così un tempo di pratiche edilizie, di sconfortanti e-mail dell’ingegner Non si può fare, e soprattutto di traslochi più o meno temporanei, in appartamenti più o meno accoglienti ma tutti capaci di portare con sé nuovi incontri rivelatori, di insegnarle che cosa serve per sentirsi davvero a casa. Lia Piano scrive un romanzo abitato da personaggi indimenticabili, quelli “con l’espressione un po’ così” di chi è cresciuto stretto tra la montagna e il mare, ma anche quelli più silenziosi come i mobili e le piante di cui ci circondiamo. E ci guida a passo di danza attraverso un romanzo incantevole, malinconico ed esilarante, che nel raccontarci le fasi di una ristrutturazione ci parla della cura del cuore umano, e seguendo la sua protagonista alle prese con le difficoltà della vita ci ricorda che spesso è necessario perdersi per potersi ritrovare.
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Ogni trasloco, si sa, è una resa dei conti. E i conti sono fatti apposta per non tornare.