Vai direttamente ai contenuti
 
Home | Dentro le Storie | Recensione "Il male che non c'è", Giulia Caminito
Recensione "Il male che non c'è", Giulia Caminito

Una bestia che divora la carne, che si impossessa della capacità di sentire il vero e, affamata, afferra e affonda i denti nell'epidermide, azzanna ogni fibra muscolare, fino ad arrivare alle ossa che spolpa e infine sputa, come un chewing gum che, masticato a lungo, ha ormai perso consistenza e sapore.

 

L'autrice scrive "il dolore è come un uovo dal guscio compatto, senti d'averlo ingoiato e scende giù -gola, esofago, stomaco-, trova il luogo in cui depositarsi, non si cura del giorno e del momento, ha sempre voglia di farsi ascoltare". Il dolore, quello che spesso ci paralizza e ci fa contrarre lo stomaco, che ci spinge all'autodiagnosi, alle ricerche spasmodiche e al terrore di sentirsi spacciati. Quella bestia è l'immagine di un male oscuro e invisibile, crudele perché non puoi dimostrare a nessuno che esiste davvero, che è un compagno di cella, un essere mutaforma. Una Catastrofe.

 

Loris è un ragazzo che vive nell'angoscia, nell'emergenza, in una trappola che si chiama ipocondria. Si è laureato, ha trovato l'amore e il lavoro nell'editoria che ha sempre desiderato, ma a un certo punto il suo castello ha iniziato a crollare: la precarietà occupazionale, una sensazione opprimente di ansia e di inadeguatezza, l'incapacità di diventare un uomo indipendente e questa ossessione che lo convince di non stare bene, di essere malato nonostante le soste in ospedale e le visite a pagamento restituiscano un corpo perfettamente in salute.

 

Loris ripercorre i ricordi che lo legano a un'infanzia felice, al rapporto con suo nonno Tempesta, ai pomeriggi in campagna dove la voliera per colombi colora le sue giornate. Ma poi qualcosa rompe l'equilibrio, e da quel momento la vita si tramuta in malessere, in un dolore a cui nessuno crede. Un dolore autoinflitto, che parte dalla testa e si diffonde.

 

Come in "L'acqua del lago non è mai dolce", Giulia Caminito mette al centro l'incapacità di trovare il proprio posto nel mondo: è un romanzo psicologico, introspettivo, che non parla solo di ipocondria ma anche di fragilità emotiva, di paura, così come della possibilità di rinascita, che esiste ed è reale.

 

 

Ilaria, Giunti al Punto Corigliano Calabro

 

Giulia Caminito
Capita, nella vita, che l’universo ci appaia diviso tra quelli che agiscono e non si fanno spaventare dal mondo e quelli come noi, abitati da un dolore nascosto sottopelle. Per Loris tutto ha avuto inizio nel tempo bambino, quando le estati erano piene di fascino come l’orto di nonno Tempesta, vicino alle rovine dell’antica Galeria. Quando era insieme al nonno, il bisogno eccessivo di leggere per scacciare le angosce scompariva e lui imparava cose meravigliose come costruire una voliera e allevare i colombi, fedelissimi e iridescenti. Ora Loris ha trent’anni, ha fatto della lettura il suo mestiere, vive in città e ha una fidanzata di soprannome Jo. Ma il lavoro in casa editrice è precario, l’ansia di non essere all’altezza dell’età adulta lo schiaccia, lo divora. Loris scivola dentro sé stesso, prima per difendersi, poi per auscultare i messaggi d’allarme che il suo corpo gli manda. C’è un male dentro di lui, un male capace di portarsi via ogni residuo di speranza. E mentre i medici, la fidanzata, i genitori appaiono sempre più lontani, a Loris rimangono solo due alleati: i social media, sollievo e nutrimento per i suoi fantasmi, e Catastrofe, la creatura mutaforme – gatta, lupa, amica, sposa – che gli sta vicino nei momenti più difficili. Ancora una volta Giulia Caminito sceglie la via del romanzo per raccontare sé stessa e la sua generazione, che non ha subito guerre o privazioni materiali ma ha avuto in sorte la solitudine della Rete e della precarietà. La sua scrittura essenziale si apre in questo libro a una sorprendente atmosfera onirica, facendo dell’ipocondria una memorabile protagonista – la seducente e beffarda Catastrofe – e mettendo in scena tra i palazzi urbani la selva oscura in cui tutte le nostre più dolorose esperienze si muovono. Il male che non c’è è un libro sul potere dell’immaginazione e dell’infanzia, è il romanzo di una discesa agli inferi e della risalita verso l’origine luminosa a cui tutti, se vogliamo, possiamo tornare, come solo i colombi sanno fare.
Leggi di
Scopri di più

Gli ricordava che nonostante gli urti e le perdite c'era sempre una parte che resisteva, che non si faceva distruggere e che poteva trovare nuova vita, un posto imprevedibile dove continuare ad esistere.