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Recensione "La neve in fondo al mare", Matteo Bussola

"Forse si diventa padri, si diventa madri, proprio per imparare quel tipo di amore lì, unico e irragionevole, che non si può sperimentare in nessun altro modo, in nessun altro tipo di relazione. Forse il vostro compito è quello di riuscire a farci scorgere la bellezza anche nel progetto che non riesce, nella promessa non mantenuta. Nella provvisorietà del bene. Nel crollo che ci svela cos'era tenerci in piedi."

 

Essere figli è tutt'altro che un compito semplice. Ci si aspetta sempre il massimo da noi, come se non fossimo degli esseri fragili e fallibili. Ma quanto è complicato essere genitori quando la luce negli occhi di un figlio si spegne? Matteo Bussola scrive forse il suo romanzo più maturo e sensibile, racconta di una generazione disorientata e infelice, che ha bisogno solo di essere compresa e presa per mano, silenziosamente.  

 

Tommy è un ragazzo adolescente, soffre di disturbi alimentari ed è ricoverato in un reparto di Neuropsichiatria infantile; insieme a lui c'è suo padre Tano, un uomo che non riesce a darsi pace, che "sanguina in silenzio" alla vista di quel figlio fatto di cristallo. Il loro è un legame labile, saturo di incomprensioni. Eppure, in quelle stanze di ospedale che odorano di disinfettante e disperazione, non sono gli unici a sentirsi fragili. La loro storia incrocia quelle di tanti ragazzi e tanti genitori che stanno affrontando l'inferno sulla terra, anime vulnerabili e smarrite; madri e padri che ce la mettono tutta per sentirsi meno "colpevoli".  

 

Matteo Bussola ci ha abituato a storie indimenticabili, ma con questo romanzo ha superato ogni aspettativa. Grazie ad una scrittura sensibile ci si riesce a calare nelle vesti di ciascun protagonista, arrivando alla conclusione che siamo tutti esseri imperfetti, ma che questa imperfezione in fondo ci rende ciò che siamo. Che ogni genitore, a suo modo,  è un supereroe ma prima o poi deve accettare che un bambino crescerà e disattenderá le aspettative. E, in quel caso, la cosa più importante sarà non farlo sentire diverso o sbagliato, ma semplicemente un essere umano. Consigliato a chi ha amato “Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli. 

 

 Ilaria, libraia Giunti al Punto di Corigliano Calabro

 

 

 

Matteo Bussola
Matteo Bussola racconta un nodo del nostro tempo: la fragilità adolescenziale. Scrive una storia toccante, piena di grazia, sul tradimento che implica diventare sé stessi. E ci mostra, con onestà e delicatezza, quel che si prova davanti al dolore di un figlio, ma anche la luce dell'essere genitori, che pure nel buio continua a brillare. Perché è difficile accogliere la verità di chi amiamo, soprattutto se lo abbiamo messo al mondo. Ma l'amore porta sempre con sé una rinascita. Un padre e un figlio, dentro una stanza. L'uno di fronte all'altro, come mai sono stati. Ciascuno lo specchio dell'altro. Loro due, insieme, in un reparto di neuropsichiatria infantile. Ci sono altri genitori, in quel reparto, altri figli. Adolescenti che rifiutano il cibo o che si fanno del male, che vivono l'estenuante fatica di crescere, dentro famiglie incapaci di dare un nome al loro tormento. E madri e padri spaesati, che condividono la stessa ferita, l'intollerabile sensazione di non essere più all'altezza del proprio compito. Con la voce calda, intima, di un padre smarrito, Matteo Bussola fotografa l'istante spaventoso in cui genitori e figli smettono di riconoscersi, e parlarsi diventa impossibile. Attraverso un pugno di personaggi strazianti e bellissimi, ci ricorda che ogni essere umano è un mistero, anche quando siamo noi ad averlo generato.
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“Forse noi due potremmo ripartire da qui; dal diritto di essere amati semplicemente per ciò che siamo: Non tanto come genitore e figlio, ma prima di tutto come due esseri umani che hanno voglia di dirsi chi sono”