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Recensione "L'albero della danza", Kiran Millwood Hargrave

Durante la torrida estate del 1518, una donna comincia a danzare nel centro della piazza principale di Strasburgo. Danza per giorni, senza tregua, agitandosi e dimenandosi, come ascoltando una musica segreta. Il fenomeno fatica a essere decifrato. Le autorità, infatti, non sanno verso quale spiegazione protendere: follia, estasi religiosa o demoniaca? Intanto, in poco tempo, centinaia di donne di tutte le età si uniscono alla prima danzando giorno e notte, fino allo stremo, fino alla morte.  

 

Poco fuori città, nella fattoria dei Wiler, vive Lisbet con il marito e la suocera. L’attività di famiglia è legata alla cura delle api e Lisbet se ne occupa con una dedizione unica tanto da essere definita “La signora delle api”. Lisbet è incinta per la tredicesima volta e teme, come accaduto le volte precedenti, che le cose possano non andare a buon fine. Riflette spesso su questa possibilità e ha un luogo intimo e sicuro dove rifugiarsi, appunto un “Albero della danza”. La routine della famiglia viene stravolta dal ritorno della cognata Nethe, esiliata da 7 anni per un peccato di cui nessuno vuole parlare. Oltre l’arrivo della cognata, la loro piccola attività viene messa a rischio quando la Chiesa ne rivendica il possesso. Tale problema spinge il marito di Lisbet, Henne, a recarsi in città per cercare di sistemare le cose, ma la città è in preda al delirio e le cose si complicano. 

 

Lisbet si trova invischiata in una storia di passioni proibite e inganni, che ci mostra che cosa significa essere donna nel sedicesimo secolo, epoca di superstizione e di straordinarie scoperte, di pericoli e di paure, di odio e amore. L’autrice stessa afferma che Lisbet sia un tentativo di offrire uno specchio a qualunque persona si stia sforzando di vedere sé stessa, e una finestra a coloro che potrebbero avere bisogno di capire. 

 

Il romanzo è suggestivo e avvincente, tocca numerosi temi quali i diritti delle donne, il patriarcato, il razzismo, l’aborto e l’omofobia. È bellissimo il rapporto che si crea tra le donne, una sorta di unione che prescinde le differenze, il loro coraggio nell’affrontare le situazioni più disperate è sicuramente d’ispirazione, ancora di più se consideriamo che l’autrice prende spunto da una storia vera, la cosiddetta “Epidemia della danza”. Lo stile è scorrevole e a tratti suggestivo, permette al lettore di procedere spedito e fermarsi a riflettere sui punti più delicati. È un libro che spinge a rapportare quanto raccontato alla nostra quotidianità, un libro potente, che suscita emozioni contrastanti, una storia che lascia il segno.  

 

 Maria Rosaria, libraia Giunti al Punto di Vibo Valentia

Durante tutti questi anni ho trascorso ogni momento a cercare di disfare e rifare me stessa per dimenticarla [...] ho creduto che amarla fosse peccato [...] non posso dimenticare lei più di quanto possa dimenticare me stessa. Così ho smesso di provarci.

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