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Recensione "Mare Avvelenato", Elena Magnani

Messina è la casa di Tomaso Mazzeo, detto Maso, e di Petra. Due persone all’apparenza molto diverse, ma che condividono la stessa tenace volontà di non arrendersi ad un destino che sembra già essere stato scritto per loro. 

 

Maso è uno spirito tintu, uno spirito malvagio, in quanto alla nascita il suo cordone ombelicale ha soffocato il gemello e, dunque, non potrà che portare sofferenze a chi gli sta vicino: così pensa la levatrice che lo ha visto nascere, le persone in città e un po’ anche lui stesso, soprattutto in seguito all’omicidio irrisolto del proprio padre e zio e alla morte della sua sorellina.  

 

Petra vive a casa dei marchesi Badastrello, da i quali è stata accolta dopo che la madre è morta di parto. Non si spiega il perché di tanta magnanimità e non si spiega il perché la ragazza, brillante e dalle idee rivoluzionarie, sia lasciata libera di lavorare come maestra, studiando e perseguendo le idee di Maria Montessori. 

 

La loro vita cambierà grazie ad una risata di lei e a uno sguardo di lui e al terremoto devastante che colpì la loro città nel 1908. 

 

Elena Magnani attinge alle vere storie raccontatele dai nonni messinesi per regalarci una storia di crescita, di cambiamento e di amore: amore per la propria famiglia, le proprie origini, la propria terra e amore per gli altri.  

 

Maso, un giovane antieroe, sarà in grado di travolgervi fin dalle prime pagine e di portarvi con sé nella sua storia e nelle sue scelte, non sempre condivisibili e non sempre facili ma che, proprio per questo,  vi permetteranno di affezionarvi a lui e vi regaleranno un insegnamento fondamentale: non esiste solamente il bianco e il nero, nessuno è una cosa e una soltanto ma piuttosto un abbraccio di infinite sfumature e solamente accogliendole tutte si potrà trovare la pace. 

 

Un romanzo che profuma di Sicilia e che vi terrà con il fiato sospeso, mostrandovi, attraverso una penna delicata e scorrevole, uno spaccato storico tanto doloroso quanto di profonda rinascita.  

 

Rachele, libraia Giunti al Punto Valdichiana

 

Elena Magnani
Messina, 1908. Tomaso Mazzeo è uno spirito tintu, uno spirito malvagio, ha solo mezza anima perché quando è nato ha soffocato il gemello con il cordone ombelicale. La levatrice lo ha maledetto con una frase terribile: tutto quello che toccherà, marcirà e morirà. La profezia non tarda ad avverarsi. La piccola Rosetta, sorella di Tomaso, muore tragicamente, il padre e lo zio vengono assassinati per oscuri motivi, la famiglia cade lentamente in rovina. Tomaso, però, conserva dentro di sé una luce che lo infiamma, la volontà di rivalsa, di redenzione, forse anche di vendetta. Giura a se stesso che scoprirà l’assassino di suo padre e riporterà il nome della famiglia Mazzeo agli antichi fasti. Per farlo è disposto a tutto. Anche a precipitare in un vortice di imbrogli e crimini molto più grande di lui. Petra vive a casa dei marchesi Badastrello, che l’hanno accolta dopo la morte della madre. È intelligente, risoluta, brillante. Studia le teorie di Maria Montessori, sogna una scuola che metta al primo posto i bambini, lotta per un mondo dove tutti abbiano pari diritti. Gli uomini non le interessano. Quando incontra Tomaso, però, ne resta folgorata. Non sa ancora che è uno spirito tintu, e forse non gliene importa. Lei non crede alle superstizioni. Mentre l’amore fra i due giovani cresce senza controllo, tutto improvvisamente crolla. Messina è rasa al suolo dal terremoto, e non è facile riprendere in mano la propria esistenza tra le macerie. La purezza del loro sentimento riuscirà a cambiare il destino, infrangere la maledizione, restituire quello che la vita, inevitabilmente, sottrae? Da una storia vera, il nuovo splendido romanzo di Elena Magnani. Sullo sfondo di una Messina ferita a morte, una saga famigliare travolgente, una storia d’amore che commuove, un’intensa vicenda di riscatto e ricostruzione.
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“Glielo aveva insegnato suo padre a non dare niente per scontato. Dalle rocce non fertili alla capacità di un seme di diventare pianta. Aveva imparato a meravigliarsi di ciò che ogni mattina aveva davanti agli occhi. […] Quella era la sua città, un misto di terra e mare in cui si scontravano il freddo e la calura, per ricordare a tutti che c’erano sia il paradiso che l’inferno ad attenderli.”