La felicità costa poco ed è fatta di poche parole.
In tanti abbiamo provato a dirla, ad elaborarne definizioni più o meno articolate per poterla spiegare a qualcuno o a noi stessi, ma la verità è che la felicità non ha molto a che vedere con la sofisticazione e, per quanto preziosa, quando si vuole raccontarla bisogna cercarla nelle cose semplici, ridurla al linguaggio dei piccoli.
Le storie per bambini non sono mai per questo solo storie per bambini. Sono i luoghi in cui la felicità esiste, accade, si fa: è quello che sentiamo davvero, ciascuno nella propria vita, ad ogni età, e non è nulla di grande.
Nei meravigliosi albi illustrati della collana Minimondo di Fatatrac, ad esempio, l’essere felici non trova espressione in un concetto “studiato” o complesso ed è, al contrario, qualcosa che va realizzandosi concretamente nell’azione facile e nella scelta ordinaria, nell’essenzialità di un momento e di un gesto normali, nella naturalezza di un lessico a portata di bambino.
I "Minimondo" sono libri felici perché dicono e sanno dire la felicità. Perché, nell’atto di rimpicciolirla e di impoverire i discorsi che la riguardano, la rendono più chiara e reale, vicina ed esperibile.
In "Non svegliare il drago!" di Bianca Schulze, felicità è rituale e nasce dall’idea di un’abitudine condivisa, dal partecipare a un’occasione che si fonda sullo stare e il fare insieme. Si tratta di una divertentissima favola della buonanotte con protagonista un drago addormentato in un castello che, in nessun caso, deve essere svegliato. I bambini hanno allora il compito di vegliare su di lui, mentre il cuoco fa un fracasso di pentole e padelle, e i cavalieri schiamazzano allegri durante una festa di compleanno. Proprio quando il pericolo sembra essere stato scampato, e tutti nel regno si apprestano a dormire, all’improvviso il drago si sveglia e… ops! Cosa succederà? La storia è pensata per una lettura ad alta voce e interattiva, e coinvolge perciò ugualmente adulti e piccini. I genitori ne apprezzano il testo giocoso, i bimbi cullano il libro tra le braccia, intonano sereni una ninna nanna per il drago, intimano agli altri personaggi di fare silenzio e sorridono nell’attesa di ricominciare da capo, come in un rito, l’indomani e ogni sera, per tanto tempo ancora.
"Balla!" di Iraide Roldan Retolaza racconta di come, per essere felici, sia fondamentale abitare lo spazio giusto e trovare la propria dimensione. Obi è un ippopotamo triste perché cresciuto in un ambiente diverso dai suoi simili, e dunque incapace di correre libero nella Savana come loro. Con il sostegno dell’amico coccodrillo Nilo, prova più volte ad imparare, senza tuttavia ottenere alcun risultato. Entrambi esausti e affranti, a un passo dal gettare la spugna, i due fanno però un’incredibile scoperta, scoperta che rivoluzionerà da lì in poi l’esistenza dell’ippopotamo incoraggiandolo a credere nell’unicità che lo contraddistingue. Obi scopre infatti di non riuscire a correre non perché inferiore agli altri, ma semplicemente perché il suo talento innato è un altro e il suo destino è ballare.
Anche "La cosa più importante" di Antonella Abbatiello afferma l’importanza del particolare e, dalla discussione di un gruppo di animali in un bosco su quale sia la caratteristica più importante della specie, viene fuori che felicità sta nel riconoscere e promuovere il valore della differenza. Pagina dopo pagina, ciascun animale esprime a gran voce la propria opinione, ed è mosso dal bisogno di imporla su quella altrui convinto di possedere la cosa importante di cui parlano. Tutti dovranno alla fine ricredersi, e si vedranno costretti ad evolvere in una versione più saggia di ciò che sono, accettando la bellezza nel diverso. La cosa più importante non è esclusiva del singolo e si riflette nella pace interiore che proviamo, che nessuno può sottrarci, quando scegliamo di vederla – non di negarla – nell’altro.
"Tu sei qui" di Zac Manbeck è invece un racconto dolce ed edificante, rivolto a chiunque si senta smarrito e alla ricerca di un posto nel mondo. È un itinerario poetico ed emotivamente forte, la cui scrittura lucida e diretta offre ai lettori la possibilità di uno sguardo nuovo e di una comprensione maggiore del proprio viaggio esistenziale. Ovunque ci troviamo a questo punto delle nostre vite, siamo esattamente dove siamo destinati ad essere. E la sensazione che deriva dalla conquista di una tale consapevolezza, benché si faccia sempre un po’ fatica a darle un nome, somiglia parecchio a ciò che comunemente avvertiamo, sulla pelle e nell’animo, come felicità.
A conferma di quanto detto finora, il percorso “libri felici” non può concludersi se non con un omaggio al Minimondo firmato da Azzurra D’Agostino nel quale, ignari del significato profondo della parola, due bambini decidono di intervistare Felicità in persona. È forse il latte bevuto insieme la sera? È il gioco che riceviamo in dono dopo averlo tanto desiderato? È l’arrivo di un fratellino, il sogno credibile che facciamo, un’avvincente avventura tra amici? In "Intervista alla felicità", Gemma e Gino preparano una sfilza di domande da sottoporle, la affrontano con determinazione ed entusiasmo, ma molti dei loro interrogativi rimangono alla fine senza risposta perché Felicità non sente e, a un certo punto, li abbandona lasciandoli nel dubbio. Poco dopo, ai due non resta allora che tornare a giocare come se niente fosse successo, e non si accorgono nemmeno che in quel momento di svago e risate Felicità è lì, nella stessa stanza, seduta in silenzio accanto a loro.
Francesca, Giunti al Punto Catanzaro